Descrizione
L’aceto balsamico di Modena tradizionale è un’altra mia grandissima passione. Prodotto di altissima complessità, olfattiva e gustativa, è ottenuto con tecniche naturali (solo mosto cotto) mediante lungo invecchiamento (minimo 12 anni) seguendo un sapiente processo di “prelievi” e “rincalzi” stratificato nei secoli.
La parola “tradizionale” è stata sottolineata non a caso, perché proprio come nel mondo del vino, ci sono difficoltà a distinguere un prodotto artigianale da uno industriale. Anzi, nel caso dell’aceto le difficoltà son rese forse maggiori dalla coesistenza di due “denominazioni” profondamente diverse tra loro.
Il “semplice” Aceto balsamico di Modena
Quello che comunemente troviamo al supermercato o nelle botteghe è “l’aceto balsamico di Modena”, recentemente (nel 2009) insignito con l’IGP, che è un prodotto principalmente (se non esclusivamente) industriale. È interessante notare che alla data in cui scrivo (feb – 2015) sul sito del consorzio aceto balsamico di Modena IGP non vi è alcuna indicazione su come questo prodotto venga ottenuto. Vi è un solo un richiamo al decreto D.P.R. n° 162 del 12/02/65. Se poi spulciamo il decreto (vedi art. 5, metodo di elaborazione) possiamo scoprire che:
“l’aceto balsamico di modena è il prodotto ottenuto da mosti d’uva (segue elenco uve) parzialmente fermentati e/o cotti e/o concentrati”. E ancora: “la percentuale di mosto d’uva cotto e/o concentrato non dovrà essere inferiore al 20%” (venti per cento!!!).. è poi consentita: “l’aggiunta di aceto ottenuto per acetificazione di solo vino nella misura di almeno il 10%”. Infine, per concludere: “fino ad un massimo di 2% del volume è consentita l’aggiunta di caramello”.
Per quanto riguarda l’affinamento poi NON sono previsti i prelievi e rincalzi tipici del Balsamico Tradizionale, mentre è sufficiente che “acetificazione ed affinamento avvengano in recipienti di legno “pregiato” nell’arco di un periodo minimo di 60 (sessanta) giorni..”. qualora l’invecchiamento si sia prolungato per un periodo non inferiore a 3 anni in “botti barili o altri recipienti di legno” (anche non pregiati dunque??) è consentita la dicitura “invecchiato”.
Riassumento: l’aceto balsamico di Modena IGP si ottiene mescolando percentuali tra il 20% e il 90% di mosto parzialmente fermentato e/o cotto e/o concentrato con una percentuale di aceto di vino dal 10% all’80% ed un 2% di caramello. Tale “miscela” (non mi sovviene altro termine) deve riposare 60 giorni in legno (ovviamente “pregiato”), mentre se rimane 3 anni (anche in legno non pregiato) è addirittura consentita la dicitura “invecchiato”.
L’Aceto Balsamico Tradizionale
Il paragone con l’aceto Balsamico TRADIZIONALE di Modena D.o.p. è a mio avviso impietoso. Questo prodotto meraviglioso ha un disciplinare estremamente più semplice, che lo rende un prodotto infinitamente più interessante: in estrema sintesi è un prodotto ottenuto attraverso “l’acetificazione, maturazione ed invecchiamento esclusivamente di mosto cotto (proveniente da uve locali), invecchiato in batterie di barili di capacità decrescenti e di legni differenti”. In questi barili l’aceto invecchierà un minimo di 12 anni e solo se la “batteria” di botti supera 25 anni (venticinque anni!), avremo l’aceto stravecchio. Semplice e lineare (consorzio balsamico tradizionale di Modena).
Se vi interessa un po’ più di dettaglio, il procedimento è il seguente:
Dopo la pigiatura dell’uva i mosti sono sottoposti a cottura in caldaie a cielo aperto, a pressione ambiente. La cottura del mosto dell’uva è una pratica antica risalente all’epoca dei romani (che già avevano il concetto di “Sapa”, ora Saba, ottenuta da mosto cotto) ed è un processo molto importante perché oltre alla concentrazione (dal 30 al 50%) del mosto consente anche l’imbrunimento del prodotto e la naturale caramellizzazione degli zuccheri (è vietata l’aggiunta di caramello!!!) nonché la “pastorizzazione” del mosto, il quale diventa terreno per lieviti ed acetobatteri nuovi e diversi.
Dopo un lungo periodo di decantazione, il mosto cotto inizia una naturale e contemporanea reazione di fermentazione e biossidazione acetica ad opera di lieviti e acetobatteri. Il prodotto subisce poi una fase di trasformazione detta maturazione, altra fase di fondamentale importanza per la formazione dei tipici profumi del Balsamico. Segue poi la fase di invecchiamento durante la quale il prodotto si affina in botticelle di legni diversi e di volume decrescente. Ogni legno cede all’aceto una particolare caratteristica, inoltre l’utilizzo di legni decrescenti assicura l’equilibrio tra “prelievi, travasi e rincalzi”, secondo una tecnica e delle proporzioni stratificate nei secoli.
Si preleva infatti massimo un 10-15% della botte più piccola, che verrà rincalzata con l’aceto proveniente dalla botticella di dimensioni appena superiori, e così via fino alla botte più grande, per la quale il “rincalzo” annuale con nuovo mosto acetificato (e decantato lungamente) sarà di una percentuale minima.
La sapienza (palato ed olfatto) dei maestri acetai assicurerà il perfetto equilibrio tra le varie componenti, in primis acidità e dolcezza. Amo questo contrasto perché mi ricorda molto l’equilibrio che tanto apprezzo nel vino tra acidità e maturità dell’uva.
Se nel caso del vino olfatto (ed esperienza) ci guidano durante le fasi della fermentazione e vinificazione, qui ci aiutano a mantenere nel tempo un prodotto in magico equilibrio tra acidità e dolcezza.
La mia produzione di balsamico è veramente minima, ma qualche bottiglia di balsamico tradizionale (batteria avviata nel 2010) e balsamico tradizionale stravecchio (batteria avviata nel 1969) è disponibile per gli appassionati che volessero assaggiare questo prodotto meraviglioso.
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